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I  CONTROLLI DEI LAVORATORI DURANTE IL COVID-19

 

L’emergenza legata alla diffusione del SARS-COV2 con l’esteso ricorso allo smart working, per i datori di lavoro ha fatto emergere con urgenza il tema del controllo dell’attività dei dipendenti, in contrasto con l’essenza stessa dello strumento che per funzionare necessita di fiducia reciproca e responsabilizzazione.

Diventa quindi essenziale raccordare la normativa ordinaria delineata da Statuto dei lavoratori e art. 2087 C.C. con le disposizioni temporanee sancite dai protocolli anticontagio, inquadrati nell’ambito della prevenzione nei luoghi di lavoro.

 

Controllo a distanza

La L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), pur con modifiche legate all’adeguamento tecnologico, dispone che gli strumenti che consentono il controllo a distanza dell’attività possono essere installati e utilizzati solo a fronte di esigenze organizzative, produttive e di sicurezza. I protocolli anticontagio, che contengono le misure adottate per contrastare l’epidemia e garantire il distanziamento sociale, impongono ai lavoratori rigide regole di comportamento soggette a costante sorveglianza. Se l’emergenza giustifica e per certi versi incentiva l’adozione di forme di controllo anche a distanza, occorre tuttavia chiarirne modalità e limiti, che vanno esplicitati e concordati.

Prima di installare i sistemi all’interno dell’impresa, il datore di lavoro deve avere raggiunto un’intesa sindacale oppure ottenuto un’autorizzazione ministeriale (Ispettorato) a legittimarne l’impiego. L’obbligo non opera se si tratta di strumenti utilizzati dal lavoratore per svolgere la propria prestazione, a condizione che sia adeguatamente informato e venga tutelata la sua privacy. In ogni caso, è possibile richiamare il protocollo all’interno di un accordo specifico o prevedere l’installazione di dispositivi per la verifica a distanza attraverso una contrattazione integrativa improntata alla sicurezza.

 

Dispositivi individuali

In una situazione di deroga generalizzata, è plausibile sostenere che la prestazione lavorativa necessiti di strumenti straordinari; la normativa d’emergenza invita infatti i datori di lavoro ad assumere ogni iniziativa atta a contenere il virus. Le soluzioni tecniche comprendono dispositivi indossati direttamente in grado di segnalare violazioni del distanziamento e di ricostruire eventuali linee di contagio e sistemi GPS che rilevano i movimenti, come accessi in azienda e in aree comuni.

 

Misurazione della temperatura

Anche la misurazione della temperatura corporea (ingresso interdetto al superamento di 37,5 °C) rappresenta una prescrizione in contrasto con l’art. 5 L. 300/1970, che vieta al datore di lavoro di svolgere controlli diretti sullo stato di salute del lavoratore.

Tuttavia, è prevalsa la logica di sostenere il diritto alla protezione attiva e la continuità aziendale, avvalendosi sul piano operativo di funzioni e strumenti già previsti dal D.Lgs. 81/2008.
Il soggetto da adibire alle rilevazioni è di norma “reclutato” tra “figure della sicurezza” formate e dotate di idonee protezioni personali ed è stato al tempo stesso rafforzato il ruolo del medico competente, che garantisce il supporto specialistico e risolve il problema della riservatezza dei controlli: tale figura è autorizzata a trattare i dati sanitari dei lavoratori può prescrivere esami e accertamenti sanitari, inclusi i test sierologici, sempre nell’ambito della valutazione dei rischi e della sorveglianza sanitaria e solo se utili al contenimento del virus e alla salute dei lavoratori.

 

 

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04/01/2021